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CONDYLURA08
w/IRENE FENARA


2023
Edizione di 100
20 pagine
Broadsheet


design di Marco Casella (Visivo std.)

10 €
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Condylura publishes a free digital copy at sold-out


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La condylura assume l'occhio meccanico di una telecamera di sorveglianza, puntata sull'acquario di uomo di Sapporo, in Giappone, dal cui vetro si scopre però riflessa anche l'artista, che per mesi si affaccia e registra una quotidianità minima ma carica di mondo: tra noi ci sono quasi dodicimila chilometri, una lente, un vetro, acqua e un altro vetro.



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Una telecamera di sorveglianza, puntata sull’acquario di un uomo di Sapporo, in Giappone. Irene Fenara vi accede segretamente, dal proprio studio, secondo una routine notturna che scopriamo durare molti mesi. Registra, per immagine e scritto, le trasformazioni minime ma costanti di quello stream: i pesci che lo abitano, il paesaggio di alghe, i cambiamenti di luce e colore. Ma anche la vita dell’uomo, di cui coglie brevi attimi riflessi sul vetro. Supervision (Sapporo edition) nasce come opera video, un flusso di immagini selezionate dal lungo processo di cattura, che trova nella pubblicazione nuovo modo di svelarsi, come quaderno di osservazione: il log dove nei mesi sono stati raccolti screenshot e annotazioni.
Supervision è il titolo della più ampia serie fotografica che Irene Fenara sviluppa dal 2018 a partire dall’appropriazione di immagini tratte da telecamere di sorveglianza. Attraverso una pratica di hacking borderline – l’artista accede alla videocamera senza però forzarne la sicurezza – Fenara seleziona gli scatti dal flusso di registrazione, salvando dall’oblio della cancellazione automatica immagini che vengono costantemente generate ma raramente, o mai, viste. Nella serie, incentrata in particolare su visioni di paesaggi naturali e urbani, coglie apparizioni estemporanee, come giochi di luce o di oscurità, riflessi, ombre e fenomeni ottici, che possono dare vita a immagini oniriche, fantastiche, ma anche stranianti e spettrali. Un sistema poetico in cui rientrano anche trame di pixel, aberrazioni cromatiche, sfocature e malfunzionamenti delle macchine. Sono immagini che attraversano la cultura visiva, da suggestioni storico-artistiche a immaginari mediali, perfino cyber, come l’acquario di Sapporo edition, allo stesso tempo un oggetto di studio quasi pittorico su luce e colore, una figura simbolica di una realtà sorvegliata e simulata, un’immagine iconica dell’età digitale sin dagli screensaver windows dei primi anni zero.
La pratica di Fenara si districa nei complessi della rete, inserendosi nelle crepe delle architetture informatiche e manifestando un sistema di dinamiche nascoste o seminascoste, della quale indaga aspetti visuali e sistemici. Le fotografie di Supervision sono caratterizzate da un punto di vista obliquo sul mondo, ritirato, come la posizione delle stesse videocamere. La sua opera implica inevitabilmente la questione contemporanea del controllo, la supervisione, operando però da una prospettiva visuale, anziché da una posizione di commento al sociale. I circuiti chiusi che vengono aperti da Fenara non sono diretti a commentare segretezza e sorveglianza di massa, si tratta delle telecamere ormai entrate nella nostra cultura e che intersecano una geografia del quotidiano. Non troviamo né la psicologia dell’artista, il suo vouyerismo, né affermazione e illustrazione critica, piuttosto una spinta scopica a incorporare la macchina, rivelando nuovi orizzonti dell’inconscio ottico, in un tempo in cui la maggior parte delle immagini sono prodotte da macchine per altre macchine, esulando dalla nostra percezione, cognizione, agency. La (super) visione di un occhio macchinico che produce discretamente una natura terza e in cui i generi della storia dell’arte e della fotografia, come il paesaggio, l’astrazione, l’autoritratto, assumono nuovo valore, aprendo a un mondo ulteriore all’umano.
In Supervision non compare mai l’umano, è un soggetto assente. Un aspetto paradossalmente valido anche per la serie, distinta ma connessa, dei Portraits from surveillance camera, in cui Fenara si auto-ritrae, recandosi nel luogo della telecamera e posando a suo favore. Nel compiere l’atto, l’artista segue una formula sempre identica per postura e divisa, facendosi cifra, unità di misura – quando vengono esposte le foto variano di formato per mantenere fisse le dimensioni di stampa del suo corpo. Un’operazione di codifica del sé, che ha una coincidenza concettuale con la pratica fotografica, ma che non è priva anche di carica pop, stile Matrix, proprio come la figura total black che appare nelle inquadrature. In quest’opera, la presenza umana fa un’intrusione imprevista, comparendo nello schermo dopo varie sessioni di osservazione e generando subito un cortocircuito a partire da manifestazioni minime, come l’ingresso nell’inquadratura di una mano, il distinguersi di un maglione appoggiato a una sedia, fino all’epifania di un volto che si riflette spettrale nell’acquario.
Supervision (Sapporo edition) rivela una temperatura vouyeristica e riflessiva propria, rispetto al raffreddamento della serie fotografica Supervision, rintracciabile già nel video e messa in evidenza dalla lettura. In questo quaderno possiamo seguire il processo di osservazione, che appare iniziare come una routine, espressa in descrizioni minuziose e ripetitive, stranianti per la fermezza con cui viene interrogata l’immagine e la sua variazione minima, seppure carica di mondo. Un approccio clinico, macchinico come l’immagine, ma che si rivela anche proprio e intimo, tanto che viene a delinearsi nel tempo un rapporto quasi segreto tra artista e soggetto osservato, confermato dal motivo letterario del diario. La scrittura che informa le immagini si muove tra analisi e autoreferenzialità, quasi a costruire una sorta di paesaggio emotivo, acquatico e informatico, dal quale emerge la presenza invisibile ma palpabile dell’artista. Nella lettura scopriamo infatti slanci di immaginazione sulla vita dei pesci e dell'uomo, fino a momenti ancora più introspettivi, in cui Irene Fenara appare soffermarsi sul proprio atto e scoprirsi riflessa in quello stesso vetro, che si fa schermo, specchio e prisma, proiezione di presenze che trovano mondo in un intreccio di osservazione e auto-osservazione: tra noi ci sono quasi dodicimila chilometri, una lente, un vetro, acqua e altro vetro.




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